Sala Bausch
18 / 28 febbraio 2016
Rosario Tedesco
di Rolf Hochhuth
Durata: 1 ora e 30 minuti
La storia, i suoi orrori, il silenzio e la responsabilità. Un soldato tedesco e un prete italiano, s'incontrano nel teatro della storia. Di fronte alle atrocità del lager, scoprono l'ipocrisia delle loro esistenze, la follia del mondo. Così intraprendono la missione di portare al Papa notizia dell'olocausto. Spogliandosi dalle loro divise, scoprono che è possibile essere uomini, soltanto accettando le proprie responsabilità.
Ospitato per il Giorno della Memoria nel 2015, Il vicario torna all'Elfo Puccini con il gruppo di bravissimi attori che hanno portato sulle scene questo testo, pressoché sconosciuto in Italia, che in Germania ha venduto un milione di copie e viene letto nelle scuole.
Un'opera che ha sollevato aspre e mai sopite polemiche, che hanno costretto la Chiesa ad aprire gli archivi vaticani e a fare luce sull'atteggiamento di Pio XII nei confronti dell'eccidio ebraico.
A dare voce al testo sono sette attori: Matteo Caccia, Marco Foschi, Nicola Bortolotti, Giuseppe Lanino, Enrico Roccaforte, Cinzia Spanò e Rosario Tedesco.
Il loro è stato un lungo lavoro di riflessioni e passione che ha restituito alle scene i dubbi e le contraddizioni di una storia che non può essere dimenticata e, come ferita aperta, ha la capacità di coinvolgere ogni volta pubblico e attori.
Per questa nuova edizione milanese alle voci degli attori si affiancheranno quelle di "testimoni", scelti tra personalità forti della cultura, dello spettacolo e dell'impegno civile, espressione della coralità e dell'universalità del messaggio di questa avventura della coscienza. Ai "testimoni" è stato chiesto di sottrarsi alla "finzione scenica" condividendo senza filtri con gli spettatori le emozioni più personali.
IL VICARIO
di Rolf Hochhuth
adattamento e regia di Rosario Tedesco
luci di Giuliano Almerighi
progetto e lettura di Matteo Caccia, Marco Foschi, Nicola Bortolotti, Enrico Roccaforte, Cinzia Spanò, Rosario Tedesco e Giuseppe Lanino
in collaborazione con il Goethe-Institut Mailand
si ringrazia l'associazione culturale PianoinBilico
I "testimoni" si alterneranno di sera in sera, a conclusione della mise en espace, leggendo "la lettera di una ragazza ebrea di Ostia", testo intenso e struggente dedicato da Rolf Hochhuth a tutte le vittime del silenzio della storia ufficiale.
18 febbraio: Nora Foeth
19 febbraio: Franca Nuti
20 febbraio: Rosana Rosatti
21 febbraio: Marco Foschi
22 febbraio: RIPOSO
23 febbraio: Moni Ovadia
24 febbraio: Ferdinando Bruni
25 febbraio: Elio De Capitani
26 febbraio: studentessa del Liceo Virgilio Milano
27 febbraio: Sumaya Abdel Qader
28 febbraio: studente della Scuola Germanica di Milano
LA RAGAZZA DI OSTIA
Di ritrovarmi, amore, lascia ogni speranza:
Iddio è freddo, come il fasto in San Giovanni.
Non lo commuove che la donna gravida
qui accanto a me non sarà mai madre,
né che io non potrò mai essere tua.
Iddio è freddo, nel giungerle le mani
mi si gelano; gli dei d'un tempo sono
morti assieme ai loro miti, com'è morto
quell'antico frammento ai musei
vaticani, nell'ossario dell'arte.
Se così non fosse vivrei ancora dentro
la speranza che tu mi ritrovassi,
come già ritrovò Orfeo la sua Euridice.
Ma questo carro-merci non è la barca
per l'Ade; né sono lo Stige
queste rotaie che portano in Polonia.
Hanno tolto agli dei anche l'inferno,
e nessun canto muove i suoi guardiani. Tu
non mi troverai mai più, per quanto cerchi.
Ma non cercarmi troppo: prenditi
una ragazza che ti dia più di me.
Dimentica. Siate felici assieme, ma
non aspettate troppo per l'amore.
Esser perseguitati è sorte degli amanti.
Non perdete indugiando il vostro giorno
come l'abbiamo perduto noi nella campagna.
Non perdete la sera in riva al mare
quando la spiaggia, la nera sabbia di Ostia
è ancora calda, un letto per giacervi.
Ma di noi… non scordare del tutto, non così
presto: il buio attorno, noi dentro protetti,
il suono delle onde, le tue parole e tutte
le nostre sussurrate tenerezze
spazzate via sull'acqua dove nessuno
poteva udirle più. Contro il tuo corpo
mi sentivo tornar piccola, protetta
come non mai sicura, fino a che
m'ha aperta la tua bocca. Perché non fummo
subito uno dell'altro, perché non fu
subito nostra la notte avuta in dono?
Perché – amore mio perdonami! – t'ho fermato
le mani? Come vorrei che fossi adesso
qui accanto a me- ho paura, mi sento
abbandonata. Eppure abbiamo mancata
la nostra ora. Potessi essere ancora
con te su quella spiaggia, cosa importa,
venisse pure il fortunale
a rapirci lontano sulle onde,
ma uniti, assieme. Sono così sola.
Torna una volta ad Ostia, vai e prendi
nelle tue mani sabbia di Ostia
e gettala nel mare, la mia cenere;
grida il mio nome, come
quella volta ad Ostia.
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