IL TEATRO DOVREBBE ESSERE SOLTANTO UN INCONTRO TRA ESSERI UMANI. TUTTO IL RESTO SERVE SOLO A CONFONDERE. (Ingmar Bergman) «L’Elfo è una comunità di lavoro artistico che appartiene alla storia italiana, un patrimonio culturale vivente (cosa rara oggi), senza ripieghi museali, appartenente a una precisa tradizione nazionale di teatro d’attore. Questa comunità si è evoluta, in accordo con i tempi, su vari fronti (regia, drammaturgia, gestione ecc.). È un unicum di cui si deve comprendere il valore esemplare.».
Nel 1970 Jerzy Grotowski, grande maestro del teatro novecentesco, dalle pagine del suo Per un teatro povero, affermava che «possiamo perciò definire il teatro come ‘ciò che avviene tra l’attore e lo spettatore’». Ciò che avviene tra, non sul palco o in platea: tra l’attore e lo spettatore (due persone), quello che avviene tra loro è il teatro. Qui all’Elfo utilizziamo tutti strumenti di contatto virtuale messi a disposizione dalla contemporaneità, lo facciamo per sviluppare al massimo le potenzialità del nostro teatro, ma il patto essenziale che lo fonda è legato al contatto fisico, allo scambio personale, al tempo convissuto: all’arte dell’incontro. Il teatro è il luogo dove l’umano ritrova se stesso. Una città viva, la società tutta che la abita, chiede, per puntare su un’esistenza non del tutto alienata, di provare a non delegare tutte le sue relazioni al mondo virtuale: il nostro Teatro d’arte contemporanea è divenuto sempre più, negli anni, un luogo d’arte da vivere in prima persona, un luogo dove trovarsi e ritrovarsi, un luogo dove la città prende consapevolezza di se stessa. All’Elfo si respira l’idea di una creatività felicemente indipendente, non governata, non eterodiretta: gli artisti che ci lavorano – alcuni da quasi 50 anni - si occupano di arte e di tante altre cose, condividendo il loro lavoro con il pubblico ogni giorno, ritrovandosi insieme a un tavolo del bistrot del teatro. |