Teatro Leonardo Da Vinci
14 / 31 ottobre 2005
Elio De Capitani
di Werner Schwab
Prima nazionale
Primo dei drammi fecali, Le presidentesse formalmente si presenta come una commedia tradizionale di conversazione. Tre donne, tre misere pensionate della nostra mitteleuropa, naufraghe della fede, abbandonate da Dio e isolate nel loro piccolo mondo conversano davanti al televisore che trasmette una messa papale. Parlano del più e del meno e la minestra riscaldata dei buoni sentimenti fa affiorare gli abissi delle loro autobiografie: matrimoni fallimentari, separazioni, lotta per la salvezza in questo mondo e nell'altro. La consolazione della fede e quella dell'alcol si alternano a scaldare il cuore e far dimenticare il dolore.
Erna, interpretata da Anna Coppola, è l'eroina del risparmio che usa la carta igienica come filtro del caffè, porta il peso di un rapporto morboso e opprimente con un figlio alcolizzato, disgustato da se stesso e dal prossimo, che le nega la consolazione di un nipotino. Grete, la vedova allegra interpretata da Cristina Crippa, la prende con filosofia ma, pur sperando nei piaceri della vita, deve fare i conti con due matrimoni falliti e una figlia scappata in Australia per sfuggire il padre che "la castigava nel letto matrimoniale". Invece a Maria (Corinna Agustoni) pare che la vita abbia affidato una missione importante: l'universo è un gigantesco macchinario vitale, in cui si mangia e si caca, che necessita quindi di qualcuno che sturi i condotti intasati per farlo nuovamente funzionare; e allora c'è lei, l'estatica Mariuccia, la puliscicessi "che lo fa senza", a mani nude, perché non le fa per niente schifo.
Il sipario si apre sull'interno di una sala delimitata da scaffali colmi di oggetti d'uso quotidiano, "buone cose di piccolo gusto" come bambole, ninnoli, immagini sacre, ma anche scarpe, grembiuli, un orologio a muro e, irrinunciabili elettrodomestici, una televisione e un frigorifero. Ma le sembianze delle tre "desperate housewives" non lasciano dubbi: siamo lontani da un interno borghese naturalista, l'atmosfera è sospesa e le donne, rapite dal tubo catodico, sono grottesche nei loro eccessi fisici e verbali. Le preghiere papali e i notiziari riecheggiano nella sala: sono segnali del mondo esterno che arrivano distorti e stonati e contrappuntano tutto lo spettacolo, che dalla televisione prende l'avvio e su quella si chiude, con un finale spiazzante.
Un testo crudele che tuttavia nella messinscena di Elio De Capitani - che guarda a Horvath, l'unica affinità elettiva ammessa anche dall'autore - rivela momenti di irresistibile comicità, portando alle estreme conseguenze le contraddizioni e nevrosi di queste tre eroine del quotidiano. Animate da una religiosità morbosa, infantile e mitica affrontano il mondo sospinte da opposti istinti: da un lato i bisogni più terreni, conditi da tormentoni scatologici, dall'altro le aspirazioni più sublimi (l'amore universale, la pace, il bene del prossimo); due dimensione che s'intrecciano con risultati schizofrenici ed esilaranti. Da questa dicotomia tra aneliti spirituali e richiami corporali è scaturita anche l'idea di introdurre un sottotitolo, assente nell'originale: la carne oltre il verbo.
LE PRESIDENTESSE
La carne oltre il verbo
di Werner Schwab
traduzione di Umberto Gandini, revisione di Roberto Menin (testo edito da ubulibri)
regia di Elio De Capitani
con Corinna Agustoni Maria, Anna Coppola Erna, Cristina Crippa Grete
scene e costumi di Andrea Taddei
suono e musica di Jean-Cristophe Potvin
luci di Nando Frigerio
video di Francesco Frongia
una produzione TEATRIDITHALIA
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