Teatro dell'Elfo
7 gennaio / 1 febbraio 2004
Elio De Capitani
di Mark Ravenhill
Gli autori inglesi ci parlano di noi, del nostro mondo e del nostro futuro. Anche quando mettono in scena gli anni dei Clash e di London Calling, della riduzione drastica del welfare, della limitazione del diritto di sciopero e della guerra delle Falkland - gli anni insomma della lady di ferro, Margaret Thatcher - ci suggeriscono scenari che molto hanno in comune con il nostro presente. Dopo Alla Greca, testo di Steven Berkoff scritto in pieni anni Ottanta, torna in scena Polaroid molto esplicite per raccontarci le trasformazioni degli anni che seguirono.
In questo testo di Mark Ravenhill due generazioni si confrontano intrecciando storie di disillusione e dolore all’ombra di un’enorme parete di graffiti metropolitani. E dietro il muro coperto di disegni osceni si aprono squarci da cui riusciamo a rubare frammenti di intimità.
Nick è un ex-operaio che nel 1984, quando aveva vent’anni, ha rapito e sfregiato il padrone. Esce di prigione nel 1999 e si trova catapultato nel futuro: il muro è crollato, il mondo è globalizzato, la cool Britannia di Blair torna a sperare dopo anni di spietato liberismo. Nick torna da Helen, la compagna di allora, che, ancora convinta di poter cambiare la società, cerca di adeguarsi a un modo diverso di fare politica, lasciando alle spalle le scelte più radicali. Si è rifatta una vita, sta per presentarsi alle elezioni e il suo vecchio amore rappresenta un passato troppo scomodo e ingombrante . A ricordarglielo ricompare Jonathan, la mancata vittima di Nick, arricchitosi in modo spropositato e assetato di vendetta. Nick, respinto da Helen, finisce a vagare nella notte e salva una giovane sconosciuta, Nadia, da un’aggressione. La ragazza fa vita dura, ballando in un locale di lap-dance. Il suo amante massacra di botte il suo corpo, ma il suo spirito ne esce indenne, imbevuto com’è di speranza per il futuro e di filosofia new age. Non riesce però ha trasmettere il suo ottimismo all’amico Tim, un trentenne gay malato di Aids, dandy che non sopporta le illusioni dei buoni sentimenti e coltiva il più puro edonismo. Si unisce a loro Victor, un go-go boy russo scaricato da internet, che ama la schiavitù sessuale, adora il proprio corpo, il trash e la vita da fuori di testa di questa Londra accelerata. La loro fuga dalla realtà e dai sentimenti è destinata a fermarsi di fronte alla malattia e alla morte, in una resa dei conti surreale ed estrema, dove lo humour lotta con il patetico e l’amore, pur con parole da melodramma, è più reale di ogni rifiuto di amare. Anche la fuga di Nick termina sull’orlo del baratro, quando affronta il passato, che ha il volto e il cinismo di Jonathan, e accetta finalmente il presente.
POLAROID MOLTO ESPLICITE
di Mark Ravenhill
traduzione di Enrico Luttmann
regia di Elio De Capitani
scene e costumi di Carlo Sala
con Cristina Crippa, Ferdinando Bruni/Elio De Capitani, Giancarlo Previati, Cristian Maria Giammarini, Marina Remi, Filippo Timi/Damir Todorovic
luci di Nando Frigerio
suono di Renato Rinaldi
produzione Teatridithalia
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